APP IMMUNI

APP IMMUNI: O TUTTI O NESSUNO

Tra qualche giorno sarà operativa la nuova app proposta dal governo per il covid-19, dal nome ottimistico di “Immuni”. Sarà possibile scaricarla gratis, partirà inizialmente in alcune regioni e il suo utilizzo sarà completamente volontario.

L’app sarà composta da una parte dedicata al contact tracing tramite bluetooth ed una banca dati che costituirà il nostro diario clinico, dove registrare i dati relativi la condizione di salute e la comparsa di sintomi compatibili con il virus.

Come funziona

Una volta scaricata l’app sul proprio telefono essa entra in contatto con altri dispositivi su cui è stata scaricata, scambiandosi codici che verranno salvati nei singoli dispositivi. Qualora uno dei proprietari dei telefoni dovesse risultare positivo ad un test, l’app comunicherà a tutti i dispositivi con cui il soggetto è entrato in contatto, che hanno incontrato un soggetto positivo senza rilevarne l’identità. Il dato rileva se il contatto è stato superiore a 15 minuti e entro due metri. L’App Immuni non sarà obbligatoria, ma volontaria, non ci sarà nemmeno una discriminazione di alcun tipo per chi non la installa, ossia una qualche restrizione dei suoi diritti.

L’applicazione non avrà accesso alla rubrica dei contatti, non chiederà di conoscere il numero telefonico dell’utente e non invierà SMS per la notifica dei soggetti a rischio; non conserverà i dati relativi alla geolocalizzazione degli utenti e sarà gestita totalmente da soggetti pubblici.

Qualunque soluzione adottata non può prescindere da un coordinamento con gli altri stati europei, a tal fine sarebbe auspicabile che l’Unione Europea sviluppasse una soluzione condivisa per il contrasto tecnologico del virus e tutti i paesi europei garantissero l’interoperabilità delle soluzioni o almeno si adeguassero al progetto più promettente sorto nell’ambito dell’Unione. Questo permetterebbe di continuare a tracciare le persone anche oltre-confine, senza cambiare app.

L’Unione Europea, ha più volte sollecitato l’adozione di una soluzione condivisa a livello comunitario per la gestione tecnologica della pandemia; indicando come strada da seguire lo sviluppo di un’app basata su tecnologia Bluetooth Low Energy, interoperabile a livello comunitario, volontaria, rispettosa della privacy, accessibile ed inclusiva.

Per capire le scelte italiane però, bisogna confrontarsi con le esperienze orientali di contact tracing, spesso vista come intrusiva e a volte coartata; a Singapore viene utilizzato un sistema (Trace together) per certi aspetti simile ad Immuni, che però ha il limite di non essere efficace se non è adottata da un’alta percentuale di utenti. In Cina, invece sono stati sfruttati applicativi già presenti sugli smartphone dei propri cittadini (WeChat e Alipay), incontrando però problemi nell’imposizione obbligatoria dell’app, legata alla possibilità di usare alcuni servizi.   Ad Hong Kong, invece a tutti i soggetti in ingresso viene consegnato un braccialetto che ne monitora i movimenti per la durata della loro presenza. La soluzione coreana ha un rigoroso approccio su base volontaria, ma non è molto rispettosa del dato personale dei cittadini sottoposti a tracciamento. L’unica vera alternativa allo sviluppo di una applicazione a livello europeo è forse la soluzione globale proposta da Google ed Apple, per ora ancora in via di sviluppo, che si basa su tecnologia Bluetooth Low Energy (BLE) e cifra i dati dell’utente sul proprio dispositivo, assegnandogli un ID temporaneo, che varia spesso e viene scambiato tramite Bluetooth con i dispositivi vicini. L’app registra i contatti per 14 giorni e consente, in caso di positività, di condividere i dati relativi ai contatti delle due settimane precedenti e di inoltrare un messaggio automatico a tutti questi contatti, rivelandosi anche abbastanza sicuro da attacchi esterni di hacker.

Conclusioni:

Se l’Italia seguirà la strada inaugurata da Singapore e perfezionata da Apple e Google, utilizzando una app basata su Bluetooth Low Energy potremo avere una soluzione di contact tracing efficiente nella lotta alla pandemia, rispettosa della privacy. Il problema vero è rappresentato dalla condizione che l’app Immuni “funzionerà” solo se raggiungerà un’alta percentuale di utenti (circa due su tre). Occorrerà chiarire subito e bene quali saranno le misure che potranno essere adottate nei confronti di chi è stato a contatto con soggetti positivi.Per garantire il massimo numero possibile di adesioni sarebbe utile che  non succeda nulla di negativo in caso di contatto con un soggetto contagiato: la app, una volta ricevuta l’indicazione che un soggetto è risultato positivo, invia una notifica a tutti gli ID che sono stati “a contatto” con lui nelle precedenti due settimane; il soggetto notificato è semplicemente messo nelle condizioni di conoscere il rischio contagio, starà a lui adottare volontariamente misure di maggior precauzione.

Sarebbe auspicabile, compatibilmente con le disponibilità di tamponi, sottoporre a test i soggetti avvisati e sottoporli ad isolamento solo se risultati positivi. Deleteria e quindi non applicabile se l’app è volontaria, prevedere misure di isolamento prudenziale per tutti i soggetti avvisati di contatto con un positivo. Affinché questo strumento funzioni occorrerà una campagna di comunicazione globale, l’adozione dovrà essere sentita da tutti come indispensabile. Non ci sarà spazio per divisioni, speculazioni, mancanza di trasparenza, indecisioni. Se questa è la soluzione, è il momento che tutti la adottino. Un’adozione parziale esporrebbe soltanto a rischi i soggetti con app scaricata, che potrebbero essere contagiati da soggetti portatori sani senza app che continuano a circolare indisturbati.

E saremmo all’assurdo.